L’occlusione nelle riabilitazioni protesiche implantologiche: l’occlusione del manufatto protesico su impianti (seconda parte)

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I principi di base dell’occlusione di un manufatto protesico su impian­ti derivano dai principi occlusali del restauro dentale. I concetti occlu­sali classici (occlusione organica, funzione di gruppo eccetera) sono applicabili anche alle riabilitazioni su impianti. Tutti i concetti ben co­nosciuti sono basati sull’intercu- spidazione massima in occlusione abituale o centrica e quindi hanno una valenza di tipo morfologico. Questi concetti sull’occlusione so­no stati considerati anche per quan­to riguarda una riabilitazione pro­tesica su impianti, ma soprattut­to l’occlusione mutuamente pro­tetta è quella più auspicabile, al fine di ridurre le forze occlusali e per proteggere gli impianti. Inoltre, nella fase della progettazione morfologica, piuttosto che modi­fiche riguardanti il tavolato occlu­sale e/o l’anatomia dei denti, è au­spicabile una maggiore distribu­zione dei contatti occlusali, ed una riduzione o eliminazione dei con­tatti occlusali degli impianti con biomeccanica sfavorevole. Riguardo al­le possibil ità di un sovraccarico, oc­corre valutare eventuali correzioni nella direzione del carico stesso. En­tro certi limiti, ed in rapporto alla tipologia degli impianti, si può considerare un aumento di superficie dell’area impiantare. Inoltre, al fine di stabilizzare l’occlusione su im­pianti, altri autori suggeriscono di intervenire sulla morfologia occlu­sale che guida le forze occlusali in direzione apicale, piuttosto che creare un’occlusione con cross-bite o un tavolato occlusale stretto, un’inclinazione cuspidale ridotta, una ridotta estensione del cantile­ver in senso mesiodistale ed in sen­so buccolinguale.

I principi di base di un’occlusione su impianti sono:

  • stabilità bilaterale in occlusione abituale (centrica);
  • distribuzione delle forze e dei contatti occlusali
  • assenza di interferenze tra la po­sizione retrusa e la posizione a- bituale (centrica);
  • ampia libertà in occlusione abi­tuale (centrica);
  • guida anteriore(quando possibi­le);
  • movimenti escursivi laterali senza interferenze né sul lato la­vorante, né su quello non lavo­rante.

La distribuzione dei contatti oc­clusali e la stabilità dei contatti bi­laterali consentono la stabilità del sistema masticatorio ed una cor­retta distribuzione delle forze. Ciò riduce la possibilità di precon­tatti e diminuisce la concentrazio­ne di forze sul singolo impianto. I- noltre, la libertà in centrica può con­sentire una più favorevole linea di forza verticale e quindi minimizza­re i precontatti durante la funzio­ne. Weinberg suggerisce, in ba­se alla sua esperienza clinica, che, ai fini della libertà in centrica, è opportuno modellare un’area di circa 1,5 mm. Una guida anteriore o cani­na riduce al minimo la perdita di osso a livello degli impianti poste­riori. Oltre al vantaggio della guida anteriore, contatti laterali sul lato lavorante, senza nessun cantilever sulla zona posteriore, consentono una corretta distribuzione delle for­ze e proteggono la regione anteriore. È stato anche suggerito che i contatti dal lato lavorante do­vrebbero essere situati più ante­riormente possibile per minimizza­re il momento torcente. Una distribuzione ampia ed equilibrata del carico assiale dipende da una morfologia dentaria corretta, in mo­do che tale carico possa essere tra­smesso senza sovraccarichi a livel­lo dell’interfaccia osso-impianto e a livello dell’osso corticale. Un’area piatta attorno ai con­tatti di centrica può dirigere la for­za occlusale in direzione apicale. Weinberg sostiene che l’incli­nazione cuspidale è uno dei fatto­ri più importanti nella determina­zione di un momento di torsione. La riduzione dell’inclinazione cuspi­dale può diminuire la risultante del momento per una riduzione del braccio di leva della forza diretta assialmente. Kaukinen ha con­dotto uno studio sulla differenzatra la trasmissione della forza con cu­spidi a 0° o a 3311 risultati suggeri­scono che l’inclinazione delle cu­spidi influenza l’intensità della forza trasmessa al complesso implantoprotesico, per cui, una ridotta in­clinazione cuspidale, insieme ad un’anatomia occlusale poco definita, solchi e fosse ampi, possono rap­presentare un beneficio per la ria­bilitazione implantoprotesica.

Per quanto riguarda le dimensioni del tavolato occlusale, bisogna con­siderare vari fattori: il diametro, la distribuzione degli impianti e la lo­ro integrazione con i denti natura­li. Normalmente si attua una ridu­zione del 30-40 per cento del ta­volato occlusale nella regione dei molari, in quanto un tavolato oc­clusale stretto riduce la possibilità di un carico non assiale e diminui­sce il momento di torsione. Inoltre, un tavolato occlusale stret­to consente un’igiene migliore e ri­duce i rischi di frattura della por­cellana. Lo stesso autore osserva che se la regione posteriore del ma­scellare superiore presenta un rias­sorbimento dell’osso vestibolare, è più indicatoun posizionamento degli impianti più palatale rispetto ai denti naturali. Un contorno occlu­sale normale a livello degli impian­ti posizionati palatalmente può creare una significati va azione di le­va vestibolare, nell’ambito di con­dizioni occlusali precarie dal pun­to di vista biomeccanico (mastica­zione pesante, osso scarso, rappor­to corona/impianto sfavorevole). In questi casi, un’occlusione con cross-bite può evitare l’azione di le­va vestibolare ed aumentare il cari­coassiale. Misch pro­pone degli aggiustamenti occlusa­li progressivi affinché possa coesi­stere la differenza di mobilità tra gli impianti ed i denti naturali. Nel tempo i denti naturali vanno in­contro a cambiamenti della loro po­sizione, anche se minimi, in direzione verticale ed in direzione mesiale, mentre gli impianti non cambiano la loro posizione, per cui i cambia­menti di posizione dei primi, pos­sono intensificare gli stress occlu­sali sugli impianti. Pertanto, al fine di prevenire il potenziale sovracca­rico sugli impianti, si rendono ne­cessari dei controlli periodici per intervenire con aggiustamenti oc­clusali.

Applicazioni cliniche

Nei casi di riabilitazione protesica fissa su impianti su tutta l’arcata, è stata utilizzata con successo l’oc­clusione bilaterale bilanciata nel ca­so di un’arcata opposta riabilitata con una protesi totale mobile. Un’occlusione con funzione di grup­po oppure un’occlusione mutua­mente protetta con una guida an­teriore lieve è stata ampiamente a- dottata per un’arcata opposta con denti naturali.

Inoltre, bisogna ottenere movimenti laterali escursivi liberi, senza con­tatti lavoranti/non lavoranti. Per i contatti occlusali, un’ampia li­bertà (1-1,5 mm) in centrica e massi­ma intercuspidazione può favorire linee di forza verticali e minimizza­re i precontatti durante i movimen­ti funzionali. Una riabilita­zione implantoprotesica con un can­tilever inferiore a 15 mm nella man­dibola dimostra una migliore so­pravvivenza rispetto ai cantilever >15 mm (17). Invece, per il mascella­re superiore, nel caso di un cantile­ver, esso deve essere <10-12 mm per la sfavorevole qualità di osso e la di­rezione delle forze rispetto alla man­dibola. Wie vide che un’occlusione con guida canina au­menta il rischio potenziale di frattura del collo della vite sul canino, a causa dello stress che si concen­tra su quest’area.

La guida anteriore nei movimenti escursivi ed un contatto occlusale iniziale sui denti naturali ridurran­no la potenziale forza laterale sugli impianti osteointegrati. Un’occlu­sione con funzione di gruppo an­drebbe utilizzata solo quando i den­ti anteriori sono parodontalmente compromessi. Nei movi­menti escursivi laterali, le interfe­renze lavoranti e non lavoranti van­no evitate nella zona della riabili­tazione posteriore. Inoltre, una ridotta inclinazione delle cuspidi, contatti orientati correttamente con un’area piatta di 1-1,5 mm. un pia­no occlusale stretto e l’eliminazio­ne di cantilever, sono stati propo­sti come fattori chiave per il con­trollo del sovraccarico nei settori posteriori. In un recente stu- dio in vivo, si è visto che un re­stringimento buccolinguale del pia­no occlusale del 30 percento ed una masticazione di cibi morbidi ridu­cono significativamente i momen­ti sull’unità posteriore fissa di 3 elementi. Lo studio suggerisce an­che che una dieta morbida e la ri­duzione buccolinguale della su­perficie occlusale vanno conside­rate in situazioni di carico sfavore­voli, come ad esempio un carico im­mediato, la fase iniziale di guari­gione, e/o un osso di scarsa qua­lità. Wennerberg sostiene che il posizionamento di impianti in più sul mascellare superiore può favo­rire il tripodalismo e ridurre il so­vraccarico e le relative complican­ze cliniche. Inoltre, il posiziona­mento assiale e la riduzione della distanza tra gli impianti posteriori, sono importanti fattori per dimi­nuire il sovraccarico. Un’occlu­sione in cross-bite con impianti posizionati palatalmente, può ri­durre il cantilever buccale ed au­mentare il carico assiale. Se il numero, la posizione e l’asse degli impianti sono soggettivi, la con­nessione rigida con i denti naturali va considerata, oggettivamente, co­me un ulteriore supporto da forni­re agli impianti.

L’occlusione sull’impianto singolo deve essere progettata per ridurre al minimo le forze occlusali sull’im­pianto e per massimizzare la distri­buzione delle forze sui denti natu­rali vicini. Per raggiungere que­sti obiettivi, una guida anteriore o laterale deve essere ottenuta sui denti naturali. Inoltre, contatti la­voranti e non lavoranti devono es­sere evitati nella riabilitazione pro­tesica sul l’impianto singolo. Co­me nel caso di protesi posteriori fisse su impianti, è opportuno ridurre le inclinazioni delle cuspidi, pro­gettare contatti orientati central­mente con un’area piatta di 1-1,5 mm ed un tavolato occlusale stretto. Wennerberg sostiene che i contatti orientati centralmente in una riabilitazione di un molare su impianto singolo sono insufficien­ti a ridurre i momenti che creano problemi meccanici e fratture de­gli impianti. L’aumento dei contat­ti prossimali nella regione poste­

riore può fornire un aumento della stabilità della riabilitazione. Si è dimostrato che due impianti in­seriti per la riabilitazione di un mo­lare singolo sono meno soggetti a perdita della vite ed hanno una per­centuale di successo maggiore. Comunque, il posizionamento di due impianti in uno spazio limitatoèuna procedura pericolosa; inoltre si pos- sono creare problemi derivanti dalla difficoltà nella realizzazione del manufatto protesico e nell’i­giene. Piuttosto che due impianti in un’area di un molare singolo, un impiantodi grandi dimensioni in po­sizione ed inclinazione assiale ap­propriate rappresenta la migliore scelta al fine di ridurre le difficoltà chirurgiche e protesiche e miglio­rare le condizioni di carico e l’igie­ne orale.

Elettromiografia

L’approccio strumentale al pazien­te parzialmente edentulo che si sot­topone ad un trattamento riabili­tativo implantoprotesico può es­sere eseguito mediante esame e- lettromiografico. Tale esame è sta­to messo a punto all’Università de­gli Studi di Milano ed ha carat­teristiche di ripetibilità e riprodu­cibilità indipendentemente dall’o­peratore e dalle condizioni contin­genti del paziente al momento dell’esame stesso. Non è assoluta- mente sufficiente, né è indicativo valutare solo gli aspetti morfologi­ci dell’occlusione ma, consideran­do la possibilità di utilizzare un si­stema altamente sensibile, nonché riproducibile, è opportuno, se non necessario, valutare anche il siste­ma neuromuscolare ed i suoi adat­tamenti al trattamento riabilitati­vo. Infatti, il sistema neuromusco­lare esprime la presenza o meno di un equilibrio a livello del sistema implantoprotesico: nel caso di im­perfezioni, attraverso il quadro elettromiografico sarà possibile stabilire le modifiche da apportare a livello protesico. In particolare l’EMG di superficie dei muscoli masticatori consente di valutare pa­rametri statici e dinamici. Dei para­metri statici fanno parte la capacità di serramento e la simmetria mu­scolare dei due antimeri, mentre i parametri di riferimento dinamici sono rappresentati dalla coordina­zione muscolare nei movimenti, e quindi da un’eventuale laterode-viazione mandibolare. In questo ca­so, la presenza di un momento tor­cente comporterà la prevalenza, nel movimento di apertura, della cop­pia muscolare temporale di destra-massetere di sinistra oppure la pre­valenza della coppia muscolare tem­porale di sinistra-massetere di de­stra. Inoltre, l’indice di attività mu­scolare espressa dai masseteri ver­sus i temporali consente di valuta­re il posizionamento del baricen­tro occlusale ed in base a tale va­lore è possibile stabilire se i contatti occlusali sono correttamente di­stribuiti tra la parte anteriore e quel­la posteriore delle arcate dentarie. Attraverso questo approccio stru­mentateci è potuto stabilire, in uno studio condotto su soggetti riabi­litati con overdenture su impianti, o riabilitati con protesi fissa su im­pianti, che, in condizioni di equili­brio neuromuscolare, i due tipi di riabilitazione risultavano equiva­lenti.

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