Pedodonzia e innesti gengivali

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Introduzione


Nei bambini i problemi parodontali sono molto spesso sottovalutati o addirittura non diagnosticati. La relativamente bassa prevalenza e la scarsa considerazione di tali problematiche nei bambini fanno sì che non venga applicato un metodo di screening standardizzato come per gli adulti. Una valutazione epidemiologica su larga scala non è attendibile e anche la letteratura non offre dati ampi e confrontabili: la metodologia non ricorre agli stessi parametri, rendendo impossibile un confronto. La mancanza di attenzione per le problematiche di tipo parodontale nei bambini è indice di quanto sia sottovalutata l’importanza di una diagnosi precoce, indispensabile invece ai fini della prevenzione del danno parodontale nell’adulto. Non solo, la diagnosi precoce e l’individuazione dell’agente determinante sono di fondamentale importanza ai fini dell’approccio terapeutico. Pur esistendo forme giovanili di parodontite, per le quali è riconosciuta una familiarità e che richiedono attenzione e cure costanti nel tempo, la maggior parte delle problematiche parodontali nei bambini è relativa alla presenza di recessioni gengivali che possono essere risolte, o quanto meno tenute sotto controllo, prevenendo problematiche parodontali più gravi nell’adulto. Esistono casi pediatrici di recessione gengivale nei quali è indicata una terapia chirurgica. Gli innesti gengivali rappresentano una delle principali metodiche chirurgiche attuate in chirurgia plastica parodontale al fine di ottenere copertura radicolare. Nel corso degli anni sono state proposte e modificate numerose tecniche chirurgiche per cercare di migliorare i risultati ottenibili sia dal punto di vista della percentuale della copertura radicolare, sia della predicibilità, sia dell’estetica.

Recessioni gengivali

Si definisce recessione gengivale la migrazione in direzione apicale dei tessuti parodontali marginali con allontanamento degli stessi dalla giunzione amelo-cementizia ed esposizione di una parte più o meno estesa della superficie radicolare. Possono essere interessate sia la gengiva vestibolare sia quella linguale; tuttavia, le recessioni si riscontrano prevalentemente a livello vestibolare e sono spesso assodate alla presenza di difetti ossei nella zona cervicale di uno o più denti. Le recessioni vestibolari sembrano essere più frequenti e gravi nei denti monoradicolati che nei molari. Non esistono tuttavia dati uniformi in letteratura per quanto riguarda l’Incidenza delle recessioni gengivali nel bambino.

Eziopatogenesi

Nel corso degli anni sono state proposte molte teorie, che hanno indicato fattori causali oggigiorno non più ritenuti significativi nell’insorgenza della patologia o il cui ruolo è stato ridimensionato. Attualmente, possiamo distinguere i fattori eziologici delle recessioni gengivali in:

  • Fattori determinanti;
  • Fattori predisponenti.

Fattori determinanti

Tecnica di spazzolamento incongrua Alcuni autori ritengono che uno spazzolamento scorretto sia la causa più frequente associata alla comparsa di recessioni gengivali. Numerosi autori sottolineano la traumaticità sia di spazzolini a setole troppo dure sia di una tecnica di spazzolamento di tipo orizzontale con movimenti ampi ed energici.

Il trauma da spazzolamento determina inizialmente la comparsa di piccole ulcerazioni o fissurazioni (fase reversibile) che, se l’agente eziologico non viene rimosso, diventano vere e proprie recessioni gengivali.

Placca batterica e infiammazione L’accumulo di placca batterica, inducendo l’infiammazione del tessuto gengivali, è una causa di recessione gengivale Novaes et al. hanno ricondotto il meccanismo patogenetico a una coalescenza e fusione di epitelio orale e sulculare, stimolati nella proliferazione dal processo flogistico indotto dall’accumulo della placca batterica. La riduzione dello spazio prima occupato dal tessuto connettivo determina anche una riduzione della vascolarizzazione, con conseguente involuzione tissutale ischemica. L’apposizione di due epiteli senza l’Interposizione di connettivo esita nell’insorgenza della recessione gengivale.

Traumatismi diretti al margine gengivale Un morso profondo, caratterizzato da contatto tra gli incisivi superiori e il margine gengivale vestibolare degli incisivi Inferiori, nonché abitudini viziate che comportino traumatismi gengivali diretti (uso improprio di forcine, penne, matite, unghie, ecc.), possono essere causa di recessioni gengivali.

Fattori predisponenti

Tartaro, restauri protesici e conservativi con margine gengivale debordante o con morfologia equatoriale dentale incongrua, ganci, bracket e bande ortodontiche possono favorire l’accumulo di placca e quindi essere essi stessi causa dell’insorgenza di uno dei fattori determinanti precedentemente nominati. Numerosi autori hanno indagato la relazione esistente fra trattamento ortodontico e recessioni gengivali, che sembrano essere una delle più comuni complicanze parodontali conseguenti l’ortodonzia. Diversi autori hanno sottolineato come il fattore determinante sia l’accumulo di placca e la conseguente infiammazione la causa cui imputare la recessione. Altri studi hanno, però, dimostrato che la vestibolarizzazione degli elementi dentari ha come conseguenza una riduzione dello spessore della gengiva aderente, fattore non determinante, ma sicuramente predisponente la recessione gengivale. Tuttavia, sembra che il rischio di sviluppare una recessione in conseguenza di uno spostamento ortodontico sia presente solo se tale movimento porta l’elemento al di fuori dell’osso alveolare, ossia se crea una deiscenza ossea.

Anatomia mucosa e gengivale – Diversi autori hanno dimostrato una correlazione tra carenza di gengiva aderente e incidenza delle recessioni gengivali. Tuttavia, sulla base dei dati della letteratura, si può ritenere che, pur non essendo la carenza di gengiva aderente e cheratinizzata un fattore determinante per l’insorgenza delle recessioni gengivali, se sono contemporaneamente presenti fattori causali più importanti essa possa facilitare o accelerare il meccanismo eziopatogenetico della recessione. Poiché la carenza di gengiva aderente e cheratinizzata non sarebbe un fattore causale determinante, si ritiene che essa non ponga una specifica indicazione all’intervento chirurgico. La presenza però di altri fattori causali (sia predisponenti sia determinanti) che non possono essere altrimenti corretti può far propendere per un approccio chirurgico.

Malposizioni dentali e deiscenze ossee – Diversi autori hanno dimostrato una correlazione diretta tra malposizione dentale e aumento dell’incidenza delle recessioni gengivali. Un altro fattore predisponente significativamente correlato alla patologia della recessione gengivale è la presenza di deiscenze ossee. È stato indagato da molti autori.

Trauma occlusale – Già nel 1921, Stillmann e Me Cali associavano il trauma occlusale all’insorgenza delle recessioni gengivali, sottolineando la frequente compresenza delle due condizioni. Sebbene il ruolo svolto dal trauma occlusale sia stato nel tempo notevolmente ridimensionato, uno studio di Braem et al. del 1992 sulla patogenesi delle lesioni a cuneo del colletto ha dimostrato un’alterazione dell’integrità della struttura smaltea cervicale in seguito a sollecitazioni tensili da trauma occlusale. Le conseguenti demineralizzazione e scompaginazione dei prismi dello smalto rendono gli stessi più suscettibili sia all’azione degli agenti abrasivi ed erosivi sia all’accumulo di placca batterica. Nonostante non siano disponibili prove sperimentali convincenti a tal riguardo, è possibile ipotizzare che l’alterazione della superficie smaltea dimostrata nel trauma occlusale da Braem et al. possa, favorendo l’accumulo di placca, predisporre all’insorgenza di gengivite marginale e, favorita dalla coesistenza di altri fattori causali (spazzolamento incongruo, deiscenze ossee, malposizioni dentali), esitare nell’insorgenza di una recessione gengivale.

Altri fattori – Favoriscono inoltre l’insorgenza di recessioni gengivali infezioni da Herpes simplex, inserzioni muscolari “alte”, frenuli corti, ipertrofici e a inserzione prossima al margine gengivale.

Classificazione

Esistono diverse classificazioni delle recessioni del tessuto parodontale marginale, ma la più utilizzata è quella proposta da Miller la quale comprende quattro classi di recessione, definite con precisione e prendendo in considerazione l’entità della copertura radicolare ottenibile.

  • / Classe. La recessione dei tessuti marginali non supera la linea mucogengivale. Non si ha perdita di tessuti parodontali (osso o tessuto molle) nella zona interprossimale. È possibile ottenere una ricopertura radicolare completa (100%).
  • Il Classe. La recessione dei tessuti marginali supera la linea mucogengivale. Non si ha perdita di tessuti parodontali (osso o tessuto molle) nella zona interprossimale. È possibile ottenere una ricopertura radicolare completa (100%).
  • III Classe. La recessione dei tessuti marginali supera la linea mucogengivale. È presente una perdita di osso o di tessuto molle nella zona interprossimale che è apicale alla giunzione amelo-cementizia, ma coronale all’estremità apicale della recessione oppure una malposizione dentale. La ricopertura può essere solo parziale.
  • IV Classe. La recessione dei tessuti marginali supera la linea mucogengivale. È presente una perdita di osso o di tessuto molle nella zona interprossimale che si estende fino a un livello apicale all’estremità apicale della recessione stessa oppure una malposizione dentale. Non è possibile ottenere ricopertura radicolare.

In base alla classificazione di Miller possiamo quindi affermare che il livello dei tessuti parodontali di supporto presenti sulle superfici interprossimali del dente è la variabile clinica fondamentale per determinare il risultato ottenibile con una tecnica di copertura radicolare.

Diagnosi

Anamnesi

Si deve sempre raccogliere un’anamnesi generale attenta e accurata per riuscire a individuare eventuali patologie sistemiche, una familiarità per problematiche di tipo parodontale e la presenza di abitudini viziate che possono direttamente compromettere ¡1 parodonto. In tal caso, deve essere messo in evidenza e spiegato al paziente il ruolo negativo svolto da tali abitudini. In caso di necessità di intervento chirurgico, è importante sapere se devono essere svolte indagini più approfondite e adottati particolari accorgimenti e precauzioni.

Esame clinico

Un esame clinico generale consente, prima di tutto, di effettuare una valutazione complessiva del cavo orale del paziente e dell’attenzione che dedica alla cura della propria bocca. Oltre a una valutazione degli elementi dentari e dei pregressi trattamenti odontoiatrici, particolare attenzione deve essere prestata all’igiene e alla salute del parodonto del paziente. L’esame clinico ha il compito di individuare la presenza di placca, tartaro, eventuali recessioni gengivali e tasche parodontali e, in tal caso, la presenza dei fattori determinanti e predisponenti sopra elencati che possono aver causato tali problemi parodontali.

Indagini strumentali

I dati clinici raccolti mediante l’esame obiettivo sono completati dagli esami radiografici:

  • Ortopantomografia: consente una prima visione complessiva delle arcate dentarie;
  • Rx endorali: per la valutazione delle condizioni parodontali e di patologie a carico degli elementi dentari.

Alcuni studi riferiscono una tendenza alla regressione spontanea delle recessioni gengivali nei bambini. Tale tendenza, in realtà, può essere in parte dovuta a un miglioramento delle tecniche di igiene domiciliare e a una maggiore accuratezza e attenzione all’igiene stessa. Alcuni studi, tuttavia, hanno riscontrato una regressione spontanea delle recessioni nei casi in cui la crescita ha portato a un miglioramento dell’allineamento degli elementi dentari, riducendo l’affollamento. Alcuni autori suggeriscono di non intervenire (chirurgicamente) sulle recessioni, attendendo prima il verificarsi di un eventuale spontaneo miglioramento della malocclusione con la crescita. Condividendo il principio che i trattamenti chirurgici non sempre sono necessari e devono sussistere le indicazioni per tali interventi, nel periodo dello sviluppo della dentizione, in presenza di recessioni gengivali, è comunque necessario valutare attentamente i molteplici fattori causali precedentemente elencati, associando un’attenta valutazione ortodontica, poiché fattori discriminanti, per gli autori citati, sembrano essere la previsione di crescita e la morfologia facciale e occlusale del bambino. In ogni caso, la terapia chirurgica rappresenta solo il secondo step dell’approccio clinico alle recessioni gengivali. Il primo e fondamentale step è costituito dalla terapia eziologica. La terapia eziologica consiste in sedute di igiene orale professionale con adeguate Istruzioni per ottimizzare l’igiene orale domiciliare e motivare il paziente al mantenimento di una corretta igiene orale, creando I presupposti fondamentali e indispensabili per il raggiungimento e il mantenimento di una buona salute parodontale. Nella delicata fase della motivazione, si crea il rapporto di fiducia con il bambino, importante per ottenerne la collaborazione, presente e futura. Igienista, pedodontista e ortodontista svolgono un ruolo fondamentale nell’individuare i casi che necessitano di ulteriori valutazioni e terapie. Se la terapia eziologica non è sufficiente per ottenere la regressione della recessione, si valuterà se è sufficiente effettuare una terapia di mantenimento delle recessioni gengivali, basata sul controllo della placca a cui deve essere abbinato uno spazzolamento atraumatico. Tuttavia, nel tempo, l’esposizione radicolare causata dalla recessione gengivale può determinare l’insorgenza di diversi problemi, quali sensibilità radicolare, estetica insoddisfacente per il paziente, maggiore suscettibilità alla carie radicolare, abrasioni a livello cervicale e difficoltà nel realizzare una restaurazione estetica. Tenendo presente la giovane età del paziente, e quindi l’elevato numero di anni di esposizione del tessuto radicolare a cui andrà incontro, ripristinare l’originale morfologia dei tessuti gengivali sarebbe il modo per evitare sicuri problemi futuri.

Terapia chirurgica

La terapia chirurgica consiste nella realizzazione di un innesto gengivale, che consente di ottenere la copertura delle radici esposte, con ripristino di un adeguato spessore di gengiva aderente. Le principali indicazioni alla chirurgia mucogengivale sono:

  • prevenzione di future problematiche parodontali;
  • cambiamento della topografia del tessuto molle marginale, al fine di facilitare il controllo di placca;
  • esigenze estetiche;
  • ipersensibilità radicolare;
  • trattamento di carie radicolari poco profonde;
  • abrasioni cervicali;
  • in presenza di malposizioni, affollamento e quando sia previsto un trattamento ortodontico.

Nella pratica clinica, sicuramente sono le esigenze di tipo estetico a rappresentare l’indicazione di peso maggiore: la copertura radicolare di elementi dentali dei settori anteriori o che comunque abbiano un notevole impatto estetico è una situazione che si presenta molto frequentemente. Per quanto concerne l’ipersensibilità dentinale, esistono diverse opzioni terapeutiche alternative alla chirurgia. Da numerosi lavori scientifici emerge che un corretto spazzolamento è di per sé un efficace metodo per ridurre la sensibilità dentinale; sono inoltre in commercio numerosi prodotti efficaci per il trattamento dell’ipersensibilità. Solo dopo aver utilizzato senza successo queste metodiche è giustificato effettuare un trattamento chirurgico. Nella pratica clinica, quindi, la chirurgia mucogengivale per la correzione dell’ipersensibilità dentinale viene eseguita in un numero limitato di casi. La presenza di carie superficiali di V Classe può costituire un’indicazione a un intervento chirurgico di copertura radicolare. Il ricorso alla chirurgia mucogengivale va in questi casi privilegiato alle metodiche restaurative di odontoiatria conservativa, soprattutto se la lesione cariosa si estende limitatamente al cemento radicolare e se è localizzata in zone con un considerevole impatto estetico. Le diverse procedure chirurgiche che consentono di ottenere copertura radicolare possono essere classificate in tre gruppi principali:

  1. Lembi peduncolati;
  2. Innesti gengivali liberi;
  3. Metodiche bilaminari.
Lembo a scivolamento laterale

La zona donatrice è adiacente al difetto. Una volta scolpito, il lembo viene spostato lateralmente a ricoprire la superficie radicolare esposta. Per oltre 25 anni è stata l’unica procedura chirurgica disponibile per ottenere una copertura radicolare predicibile. Questa tecnica è indicata per le recessioni su dente singolo nei casi in cui sia disponibile una quantità sufficiente di gengiva aderente nell’area adiacente, nessun frenulo sia coinvolto e il vestibolo sia sufficientemente profondo. È invece controindicata quando il sito donatore è caratterizzato da una superficie radicolare prominente che può essere associata a deiscenza ossea. Il principale vantaggio di questa tecnica è la vascolarizzazione intatta del tessuto donatore. Uno svantaggio è lo spessore limitato della gengiva aderente di cui è fornito il sito donatore. Il lembo a scivolamento laterale è stato successivamente modificato e sviluppato da molti autori. Tra le tecniche modificate che ne sono derivate ricordiamo il lembo bipapillare.

Innesto gengivale libero

Linnesto gengivale libero è indicato quando nella regione adiacente alla recessione non è presente un tessuto donatore adeguato per un lembo peduncolato o quando si desidera un tessuto marginale più spesso. Dal punto di vista operativo, gli innesti gengivali liberi sono metodiche che hanno un ampio spettro di applicabilità clinica e abbinano il vantaggio di ottenere un incremento di mucosa cheratinizzata a un aumento dello spessore dei tessuti e, in taluni casi, a un approfondimento del fornice vestibolare. Questa tecnica chirurgica può essere usata nel trattamento sia di un dente singolo sia di gruppi di denti. La regione donatrice è rappresentata dalla mucosa masticatoria del palato, per cui controindicazione all’innesto gengivale è l’Impossibilità al prelievo palatino. Non rappresenta il trattamento di elezione in zone in cui l’estetica è importante: l’innesto gengivale libero, infatti, ha un aspetto ottimale a distanza di circa un mese dall’intervento chirurgico e il suo colore armonizza perfettamente con la gengiva circostante; successivamente, la continua apposizione di fibre connettivali porta a un’alterazione del colore dell’Innesto, che a distanza di 6-8 mesi appare biancastro cicatriziale.

Metodiche bilaminari

Le metodiche bilaminari rappresentano attualmente le procedure chirurgiche più utilizzate per ottenere copertura radicolare. Consistono sostanzialmente nell’associazione di un innesto di tessuto connettivo con un lembo peduncolato. Sono tecniche flessibili, che si adattano alle diverse situazioni cliniche e hanno perciò un maggior numero di indicazioni. Le metodiche bilaminari rappresentano il passo successivo agli innesti gengivali liberi nell’evoluzione delle metodiche volte a ottenere copertura radicolare. Lo scopo di queste nuove metodiche è di aumentare il grado di predicibilità del risultato terapeutico migliorando l’apporto ematico al tessuto innestato. Gli innesti gengivali liberi, infatti, nelle prime ore postoperatorie sopravvivono grazie a una diffusione plasmatica proveniente dal letto periostale su cui sono adagiati, mentre la porzione di innesto posizionata sulla superficie radicolare può andare incontro a necrosi. Con le metodiche bilaminari, il tessuto innestato viene posto tra il letto ricevente e un lembo mucoso, garantendo così un apporto ematico supplementare. L’uso di tessuto connettivo privo di epitelio per le procedure di Innesto è stato proposto sulla base di studi che hanno dimostrato il ruolo decisivo assunto dal tessuto connettivo nel determinare la differenziazione epiteliale. Nel 1985 è stata proposta un’altra tecnica chirurgica che prevedeva il ricorso a un innesto di tessuto connettivo sottoepiteliale per ottenere copertura radicolare. Tale procedura alternativa è stata descritta da Raetzke e da lui denominata tecnica a “busta”: il sito ricevente è preparato creando un marsupio (“busta”) nei tessuti attorno al difetto; l’innesto di tessuto connettivo viene collocato nella tasca così formata ed emerge solo nella porzione sovrastante la superficie radicolare da coprire. Questa tecnica è indicata nel caso di singola recessione o comunque qualora il numero di recessioni sia limitato perché la disponibilità di tessuto donatore dal palato è limitata. Nel 1994 sono stati pubblicati i risultati clinici ottenuti da Alien, che ha valutato l’efficacia della tecnica a “busta” proposta da Raetzke nell’ottenere copertura radicolare. Secondo i dati ottenuti, questa tecnica chirurgica presenterebbe diversi vantaggi: consentirebbe una riduzione del trauma chirurgico a livello della sede ricevitrice, manterrebbe intatto il tessuto gengivale e le papille e fisserebbe fermamente l’innesto di tessuto connettivo sulle recessioni sia singole sia multiple. Anche per quanto concerne il sito donatore le metodiche bilaminari presentano vantaggi. Rispetto al prelievo palatino per un innesto gengivale libero, con il prelievo di tessuto connettivo per le metodiche bilaminari:

  • la ferita palatina guarisce per prima Intenzione;
  • si ha una notevole riduzione del rischio di emorragia secondaria;
  • il disagio postoperatorio per il paziente è minimo.
Caso clinico

Il paziente, di sesso maschile, età 13 anni, sottoposto a trattamento ortodontico, con posizionamento di bande e bracket, all’esame obiettivo dopo lo sbandaggio presenta una recessione gengivale vestibolare a livello dell’elemento 4.1, classificabile come II Classe di Miller (fig. 7). Prima del trattamento ortodontico era stata rilevata su 4.1 una recessione gengivale di 1 mm, forse dovuta a malposizione e affollamento dentario, che non presentava indicazione al trattamento chirurgico. Durante il trattamento ortodontico, il paziente ha avuto difficoltà a mantenere un’igiene orale ottimale, nonostante l’igiene professionale e la costante motivazione. Gli elementi dentari dell’arcata inferiore appaiono ora correttamente allineati, l’affollamento è stato risolto, il 4.1 non sembra collocato in posizione più vestibolare rispetto agli altri elementi, facendo supporre una deiscenza ossea dovuta alla posizione, non completamente all’interno dell’osso alveolare. La recessione su 4.1 sembra aver avuto come fattore determinante l’accumulo di placca batterica legata alla difficoltà di esecuzione delle corrette manovre di spazzolamento. Inoltre, l’inserzione del frenulo appare posizionata in modo tale da esercitare una trazione a livello della mucosa gengivale, che fa supporre il suo coinvolgimento come fattore causale della recessione. L’anamnesi non rileva abitudini viziate che possano aver concorso a causare la recessione gengivale. La terapia viene impostata in due fasi successive: prima di tutto il paziente viene sottoposto a sedute di igiene orale professionale e gli vengono nuovamente impartite accurate istruzioni per ottimizzare l’igiene orale domiciliare. Una volta risolta la componente infiammatoria legata alla presenza di placca e allo spazzolamento un po’ aggressivo, il paziente viene rivalutato. Si rileva un leggero, ma non significativo miglioramento, confermando quanto osservato in prima visita: la necessità di intervenire chirurgicamente con un innesto connettivale per riportare la gengiva aderente a un livello ottimale e una frenulectomia per rimuovere la trazione esercitata dal frenulo.

Tecnica chirurgica

Sulla base dei criteri esposti precedentemente in merito alle diverse tecniche chirurgiche applicabili, considerati le caratteristiche della recessione, lo spessore dei tessuti e le esigenze estetiche, si decide di intervenire utilizzando la tecnica a “busta”, con prelievo dal palato secondo il metodo trap door (fig. 2). L’intervento è stato eseguito in anestesia locale con sedazione mediante protossido d’azoto. Mediante un’incisione a spessore parziale Intrasulculare e senza tagli di scarico viene creata una “busta” nel tessuto che circonda la superficie radicolare esposta idonea ad accogliere l’innesto di connettivo (fig. 3). L’innesto di tessuto connettivo viene prelevato dalla regione palatina dei premolari (dal primo molare al canino). Prima di eseguire le incisioni, si valuta lo spessore di mucosa disponibile mediante una sonda parodontale o la punta della siringa, per essere certi di avere almeno 3mm di spessore di tessuto molle. La prima incisione sul palato viene effettuata mantenendo la lama del bisturi perpendicolare alla superficie dell’osso sottostante: è un’incisione orizzontale, circa 2-3 mm apicale al margine gengivale dei denti superiori, la cui lunghezza mesio-distale è determinata dall’estensione dell’innesto richiesto. Per facilitare il prelievo dell’innesto, si può effettuare un’incisione verticale di rilasciamento in corrispondenza dell’estremità mesiale dell’incisione primaria. A partire dalla linea della prima incisione e con direzione apicale, si esegue un’incisione a spessore parziale della mucosa palatina. Il bordo distale del lembo a botola viene lasciato attaccato al palato e il lembo viene retratto distalmente per consentire l’accesso al tessuto connettivo sottostante. Con un piccolo scollaperiostio si preleva l’innesto di tessuto connettivo nel modo meno traumatico possibile. È consigliabile non ricorrere mai a pinzette o qualsiasi altro strumento che possa comprimere o arrecare danno al tessuto donatore (fig. 4). Per facilitare il posizionamento dell’innesto sul sito ricevente si possono posizionare nell’innesto stesso alcune suture prima che di rimuoverlo completamente dalla zona donatrice. A questo punto, si posiziona l’innesto sul difetto e con una lama chirurgica si può intervenire per apportare modifiche all’ampiezza e all’uniformità (fig. 5). Mentre si rifinisce l’innesto, si esercita pressione sull’area donatrice con una garza bagnata e durante il completamento dell’innesto la si copre con una mascherina palatale, L’innesto connettivale prelevato dal palato viene posizionato nella busta creata in precedenza, in modo da coprire completamente la superficie radicolare esposta. Si danno punti di sutura su ogni lato della recessione per stabilizzare la posizione dell’innesto (fig. 6). Si applica una certa pressione per 5 minuti per migliorare l’adattamento dell’innesto alla superficie radicolare e al tessuto molle di copertura. Si applica infine un impacco parodontale. Dopo aver terminato l’intervento sul sito ricevente, si sutura la ferita palatale. Il paziente viene dimesso con l’indicazione di evitare la pulizia meccanica della zona e sono prescritti sciacqui con collutorio a base di clorexidina (0,2%) due volte al giorno. Per quanto riguarda la profilassi antibiotica, si è optato per una a breve termine con amoxicillina associata a paracetamolo per il controllo del dolore.

Conclusioni

Il paziente ha presentato un buon decorso postoperatorio, non si sono verificate complicanze e la guarigione dei tessuti parodontali è stata soddisfacente (figg. 7-10). Sulla base di questa esperienza, supportati dai dati forniti dalla letteratura, possiamo concludere che l’innesto gengivale è un intervento che può, se condotto in modo corretto, produrre risultati soddisfacenti e con buona probabilità prevenire l’instaurarsi di situazioni più complesse o complicanze future.

Fonte: Elsevier

Fig. 1 Recessione gengivale su 4.1
Fig.2 Prelievo di innesto connettivale dal palato con tecnica trap door.
Fig.3 Prelievo di tessuto connettivo.
Fig. 4 Controllo delle dimensioni e dell’adattamento dell’innesto.
Fig. 5 Preparazione del sito ricevente: incisione e creazione della “busta”.
Fig. 6 L’innesto viene posizionato nella tasca e stabilizzato dalla sutura.
Fig.7 Guarigione a 2 settimane dell’innesto.
Fig. 8 Guarigione a 2 settimane del sito donatore.
Fig.9 Guarigione a 18 mesi dell’innesto.
Fig. 10 Guarigione a 18 mesi del sito donatore.

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